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Smart Working: lavorare da casa e sentirsi parte del tutto

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di Agostino Marengo

Ho superato ormai la cinquantina e, sinceramente, ricordo bene alcuni periodi sfidanti per la nostra società; la prima e seconda guerra del Golfo, l'attacco alle torri gemelle, il black monday del 1987, la crisi del 2008... ma in nessun caso ho assistito ad una crisi che ha toccato ognuno di noi così da vicino. Questo vuol dire che nessuno ha una ricetta infallibile da proporre e che stiamo tutti navigando a vista, senza una strategia precisa che definisca dei precisi obiettivi a breve e medio termine. Ma ci si può sentire più sicuri se ci si sente parte di una organizzazione. Come?

In realtà, durante la seconda guerra del Golfo, nel 1991, la crisi l'ho vissuta da vicino. Stavo prestando servizio come Ufficiale di Complemento nel 121° Reggimento Artiglieria Contraerei e nottetempo noi ufficiali fummo chiamati a rapporto per organizzare la partenza del Reggimento verso il Golfo... Oddio, pensai, ecco che ci siamo, si va in guerra. Vi lascio immaginare la paura e la preoccupazione... infinite.

Ma, anche in quel caso, anche in quel momento, comunque c'erano delle procedure precise da seguire, delle procedure standard, provate e riprovate per anni, ognuno sapeva precisamente qual era il suo ruolo e cosa ci si aspettava da lui. Ognuno, dal soldato semplice al generale, sapeva esattamente cosa fare per raggiungere l'obiettivo predefinito! Che dire, project management militare.

Per fortuna non si partì, restammo lì sul piazzale della caserma per alcune ore e poi qualcuno diede ordine di "rompere le righe"... sospiro di sollievo, non si partiva più per la guerra.

Ripensandoci, in quel momento ho apprezzato la sicurezza che provavo nell'essere "una parte del tutto", una tessera di un puzzle più grande, che era, comunque, organizzato nel raggiungimento di un obiettivo preciso con processi standardizzati.

Oggi la situazione è ben diversa, non siamo in guerra, dobbiamo stare a casa e lavorare da remoto, ma il problema è sempre lo stesso: abbiamo necessità di sentirci parte di una organizzazione, parte di un tutto. Abbiamo bisogno di sapere che quello che stiamo facendo rientra all'interno di un processo ben definito nel raggiungimento di obiettivi specifici, anche se siamo a casa e fisicamente non viviamo l'azienda.

Questo è normale. Noi esseri umani cerchiamo certezze. E quando ci troviamo in una situazione di confusione, ci sentiamo persi senza obiettivi e processi definiti. Questo è il momento in cui l'azienda deve far sentire la sua presenza "rassicurante" per darci le certezze di cui abbiamo bisogno.

L’unica certezza che abbiamo, come professionisti o imprenditori in questo momento è che dovremo passare i prossimi giorni (settimane? mesi?) in casa, limitando le interazioni con i nostri colleghi e, quindi, limitando noi stessi nella nostra natura umana votata al networking e alla socializzazione.

Ma sono convinto che potremmo sfruttare questi vincoli per creare un'opportunità di crescita personale e professionale. Lo Smart Working da strumento del diavolo è diventato (in pochissimo tempo) una soluzione necessaria per ogni azienda del sistema Italia, permettendoci di stare sereni e sicuri e, soprattutto, permettendoci una gestione più "autonoma" del nostro tempo. Di sicuro più "umana".

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In questa situazione "particolare" non mancano gli effetti collaterali, anche positivi; lo sappiamo, le crisi conducono sempre a delle nuove opportunità. Per esempio potremmo portare a compimento tutto ciò che solitamente rimandiamo. In primis potremmo dedicarci alla nostra crescita professionale, alla nostra carriera, sempre offuscata dalla stressante routine giornaliera a cui far fronte. Leggere, meditare, studiare, pianificare. Magari porre le basi per un obiettivo nostro all'interno della nostra azienda. Di sicuro, passare un po’ di tempo con noi stessi può farci crescere, come persone e come professionisti, ci permette di guardare il mondo da un punto di vista differente.

Di sicuro c'è una voce in noi che vuole trovare un modo nuovo di lavorare e migliorare.

Ma, come? Come facciamo a rendere produttive queste giornate stando a casa? Come potrebbe la nostra azienda metterci a disposizione le giuste risorse per "lavorare su noi stessi"?

Beh, finora la vera sfida nei progetti di formazione a distanza (e-learning, online learning, corporate training, ecc.) era quella di trovare il tempo per accedere al corso che ci interessava e riuscire a portarlo a termine senza distrazioni ed interruzioni. Un corso sulla gestione del tempo sarebbe stato utile in quei momenti, ma non avevamo il tempo di fruirne. Un corso sulla gestione del team sarebbe stato utile, ma la gestione del nostro team non ci permetteva di formarci su come farlo al meglio.

Oggi potremmo, invece, trovarci nella situazione opposta: abbiamo tempo e voglia per lavorare su noi stessi, per migliorare le nostre competenze, soft o hard, ma non sappiamo come. La nostra azienda ha una piattaforma e-learning? La nostra azienda ha dei corsi fruibili online? Quali? Come posso accedervi? Come posso dedicare il tempo a disposizione alla mia crescita professionale?

Adesso abbiamo il tempo ma, forse, mancano le risorse. Potremmo cercarle online gratuitamente, su YouTube, per esempio, va benissimo se vogliamo migliorare la nostra cultura generica di un determinato argomento. Ma se volessimo qualcosa di più strutturato, di organizzato, con degli obiettivi condivisi in azienda, per il miglioramento del singolo nell'ottica del miglioramento collettivo? Se volessimo sentirci parte di un piano di crescita comune all'interno di quel "tutto" che agni azienda dovrebbe rappresentare per i suoi dipendenti?

Un progetto di training è una sfida per ogni team L&D o, in particolare, dei team HR Training, in quanto richiede di comprendere i reali problemi che un dipendente affronta giornalmente e, quindi, risolvere gli attriti e le preoccupazioni che derivano dal sentirsi obbligati ad inserire la formazione nella propria routine giornaliera. Questo richiede un metodo di progettazione differente che consideri le necessità evidenziate dall'utente finale.

Purtroppo, i punti di contatto del team HR Training con il singolo dipendente sono troppo pochi e poco frequenti perché sia possibile influenzare le abitudini quotidiane e sviluppare un metodo efficiente che permetta di migliorare le competenze medie richieste in azienda.

In questo momento, più che mai, ogni azienda attenta e responsabile, dovrebbe progettare momenti di training online che siano efficaci se svolti durante l'orario di lavoro da casa, e questo presuppone la necessità di fornire contenuti che siano utili a supportare l'utente nella quotidianità anche nell'isolamento forzato di questi giorni. In altre parole, se un'azienda fornisce contenuti online utili, dedicati, non generici, auto-consistenti (atomici), veloci, di facile fruizione e semplici nell'apprendimento, allora otterrà il miracolo, dipendenti e manager che sono interessati alla formazione e che, adesso, hanno anche il tempo di farla! Una chimera per ogni HR Training.

E a questo punto mi aspetto una levata di scudi da parte dei professionisti della formazione aziendale: "dobbiamo gestire le priorità in questo momento"; "non abbiamo tempo da dedicare alla formazione"; "il training online è bello e utile, ma adesso non è necessario". Ne ho sentite tante in questi mesi, al telefono o per e-mail con ognuno dei miei referenti aziendali. Per assurdo, nessuno di loro ha pensato quanto il training online potrebbe essere ingaggiante e strategico in questo momento.

Sono convinto che se noi, imprenditori e professionisti italiani, non tiriamo via quella patina grigia dalle aziende, votate ESCLUSIVAMENTE al profitto, che sfruttano tutto quello che è sfruttabile (persone e risorse), senza aggiungere nulla al “miglioramento condiviso”; se non cancelliamo dalle nostre menti e dal nostro modo di fare, la figura dell’imprenditore/manager che deve stringere mani (non in questo periodo :) e scendere a compromessi o, peggio, intessere tele più o meno lecite, per i propri interessi; se non capiamo che solo la valorizzazione dei talenti può rendere un prodotto davvero competitivo, innovativo, unico, e può fare la differenza tra “un’azienda” e “l’azienda”; se non capiamo tutto questo, vorrà dire che bisognerà accettare il fatto che questa nostra nazione non ha più molto da dire in quanto a competitività ed innovatività imprenditoriale, alla faccia degli olivetti, dei ferrari, dei mattei e di tutti gli italiani che hanno lasciato il segno.

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