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La storia dell’AI nella formazione: come siamo arrivati fin qui

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di Agostino Marengo

Abstract: Parlare di formazione oggi significa parlare di AI. Dalle piattaforme adattive alla formazione personalizzata, fino ai tutor virtuali e ai sistemi predittivi, l’intelligenza artificiale non è più un futuro da immaginare, ma un presente che sta ridefinendo il modo in cui apprendiamo, valutiamo e valorizziamo le competenze delle persone.

Ma da dove nasce tutto questo? Come ha fatto l’AI a diventare così pervasiva da trasformare la learning experience in azienda?

Scopriamolo con uno sguardo alla storia dell’AI applicata alla formazione.

Gli inizi: l’AI nel mondo della formazione (Anni '50-'60)

Nel 1950 Alan Turing, nel suo celebre saggio “Computing Machinery and Intelligence”, pone la domanda: “Le macchine possono pensare?”. Da qui nasce il Test di Turing, una prova per verificare se una macchina può sostenere una conversazione scritta in modo indistinguibile da un essere umano. Questo esperimento apre le porte all’idea che l’interazione, e quindi anche l’apprendimento, possa coinvolgere le macchine.

Nei decenni successivi, la ricerca sull’AI si concentra sui cosiddetti sistemi simbolici, basati su regole (“se A, allora B”). Nel 1966 Joseph Weizenbaum, al MIT, sviluppa ELIZA, il primo chatbot della storia. Simula una conversazione da terapeuta utilizzando semplici schemi di risposta. Non capisce davvero, ma pone domande coerenti con il testo. Anche se limitata, ELIZA dimostra che è possibile generare interazioni coinvolgenti, aprendo la strada a un apprendimento “dialogico” con le macchine.

La prima EdTech (Anni '50-'60)

Mentre l’AI muove i suoi primi passi, nascono anche i primi strumenti di Educational Technology (EdTech).

Nel 1954 B.F. Skinner, psicologo ed esperto dei comportamenti, crea la "macchina per l’insegnamento", un dispositivo che consente agli studenti di apprendere in autonomia e ricevere feedback immediato. L’apprendimento diventa attivo, ma non ancora personalizzato.

Negli anni ‘60 nasce PLATO (Programmed Logic for Automatic Teaching Operations), sviluppato all’Università dell’Illinois. È un sistema di istruzione assistita da computer che permette agli studenti di interagire con contenuti digitali su schermo. Anticipa moltissime funzioni dei moderni LMS: quiz, forum, feedback immediato, persino giochi. PLATO viene usato anche nelle carceri: è il primo esempio di tecnologia inclusiva per l’apprendimento.

Gli ITS e l’AI personalizzata (Anni '80-'90)

Negli anni ‘80 si affermano i primi Intelligent Tutoring Systems (ITS): software in grado di adattarsi al ritmo e agli errori del discente, offrendo spiegazioni personalizzate. Tra i primi, il LISP Tutor (1983), pensato per insegnare il linguaggio di programmazione LISP. Riconosce errori, fornisce aiuto e migliora i risultati.

Sistemi come TUTOR (1984) e PARNASSUS (1989) estendono il concetto all’insegnamento linguistico e ad altri ambiti. Nasce qui il concetto di profilo digitale del discente: il sistema raccoglie dati, analizza comportamenti e anticipa i bisogni formativi. È la nascita dell’apprendimento adattivo.

I primi LMS (Anni '90-2000)

Negli anni ’90, i Learning Management System (o LMS, sistemi di gestione dell’apprendimento) iniziarono a farsi strada nel mondo della formazione. A differenza degli ITS (Intelligent Tutoring Systems), le piattaforme LMS non si comportavano come tutor. Si concentravano sull’organizzazione dei contenuti, il monitoraggio dei progressi e la gestione di tutto ciò che riguarda la formazione online.

Uno dei primi LMS fu FirstClass, sviluppato nel 1990 da Soft Arc. L’Open University nel Regno Unito utilizzò questo sistema già negli anni ’90 e 2000 per offrire formazione online in tutta Europa, ed è stato uno dei primi LMS basati su Internet. Il primo LMS completo di tutte le funzionalità fu chiamato EKKO, sviluppato dalla rete norvegese NKI per l’educazione a distanza, e fu lanciato nel 1991. Poi, nel 1997, fu introdotto Blackboard, che divenne una delle prime piattaforme LMS di riferimento per le università statunitensi.

Pochi anni dopo, nel 2002, nacque Moodle, una soluzione open-source divenuta popolare tra scuole e organizzazioni alla ricerca di un’alternativa più flessibile e personalizzabile.

La maggior parte degli LMS di quel periodo usava regole di automazione basilari. Ad esempio, se un discente svolgeva un quiz a risposta multipla, il sistema poteva correggerlo immediatamente. Se la frequenza del discente scendeva sotto una certa soglia, la piattaforma lo avvisava.

Anche se queste funzionalità sembravano semplici, spianarono la strada a strumenti analitici più avanzati negli anni successivi. Con il tempo, le piattaforme LMS iniziarono a utilizzare strumenti più intelligenti, come le analisi predittive per identificare chi poteva avere bisogno di supporto e i sistemi di raccomandazione per suggerire risorse utili.

Adaptive Learning (Anni '90-2000)

Fino agli anni 2000, l’apprendimento era generico, e sebbene funzionasse abbastanza bene, non funzionava per tutti. Questo perché i discenti imparano e progrediscono in modo diverso l’uno dall’altro.

L’apprendimento adattivo è nato come una soluzione, promettendo un’esperienza più personalizzata e flessibile, capace di adattarsi in tempo reale ai bisogni di ognuno.

Come funziona? Con i dati.

Questi sistemi monitorano come un discente interagisce con i contenuti, quali argomenti trova difficili, e molto altro. Poi, usando algoritmi e l'intelligenza artificiale, il sistema adatta l’esperienza di apprendimento, saltando corsi troppo facili o tornando su altri più utili.

Una delle prime aziende a esplorare questo approccio è stata Knewton, fondata nel 2008. È diventata popolare collaborando con editori scolastici per creare corsi digitali personalizzati. Knewton utilizzava la tecnologia di apprendimento adattivo per individuare i punti di forza e di debolezza di ogni studente. La piattaforma etichettava i concetti a livelli specifici, offrendo raccomandazioni personalizzate in base a ciò che ogni studente conosceva e di cui aveva bisogno.

Un altro pioniere nel campo dell’apprendimento adattivo è stato DreamBox, nel 2006. È iniziato come un programma di matematica adattivo per studenti all’ottavo anno, e utilizzava dati in tempo reale per adattare automaticamente le lezioni. Ad esempio, quando uno studente aveva bisogno di spiegazioni più visive o di un ritmo più lento, DreamBox modificava i contenuti in autonomia.

Natural Language Processing (Anni '90-2000)

Man mano che l’apprendimento adattivo avanzava, un altro ramo dell’intelligenza artificiale è entrato nel campo della formazione: il Natural Language Processing (o NLP).
Il NLP è quella parte dell’intelligenza artificiale che si occupa di comprendere e lavorare con il linguaggio umano, sia scritto che parlato.

Una delle prime applicazioni di NLP è stata nell'istruzione con la valutazione automatica dei temi scritti. Gli studenti potevano ricevere feedback immediato sui loro testi, senza dover aspettare che un insegnante li correggesse.

Poi sono arrivati i chatbot basati su AI, che sono diventati parte di un numero sempre maggiore di piattaforme eLearning. Questi bot potevano rispondere a domande frequenti, guidare gli utenti nella navigazione dei corsi o persino offrire suggerimenti e consigli.

Alcune piattaforme hanno spinto ancora oltre questo approccio, adottando interfacce vocali e testuali. App per l’apprendimento delle lingue come Duolingo o alcune piattaforme di tutoraggio permettono ora agli utenti di pronunciare le risposte o fare domande vocali. Questo rende l’apprendimento più intuitivo, soprattutto per i più giovani o per chi ha esigenze di accessibilità.

La cosa più interessante è che tutti gli strumenti sviluppati fino a quel punto hanno iniziato a completarsi a vicenda. Improvvisamente, sempre più LMS hanno cominciato a integrare l’apprendimento adattivo, i chatbot o l’apprendimento auto-gestito potenziato dall’AI, portando l’esperienza dell’eLearning a un livello superiore.

Gli anni dei MOOC (Decennio 2010-2020)

Dal 2010, internet rese la formazione accessibile a tutti. All’improvviso, chiunque avesse un laptop e una connessione Wi-Fi poteva iscriversi a corsi di università e organizzazioni situate dall’altra parte del mondo, comodamente dal divano di casa, dall’ufficio o da un bar. Tutto questo fu reso possibile dalla diffusione dei MOOC (Massive Open Online Courses), cioè corsi online aperti su larga scala.

Questi corsi consentono una partecipazione illimitata e un accesso aperto tramite internet. Includono materiali tradizionali come video lezioni, letture e esercizi, ma molti offrono anche funzionalità interattive come forum tra utenti e discussioni sui social, che aiutano a collegare gli stessi con i docenti e i tutor.

Tuttavia, per quanto rivoluzionari, i MOOC sollevarono una questione cruciale: come si può adattare un corso progettato per 30 persone a una platea di 30.000 partecipanti?
La risposta fu una sola: l’intelligenza artificiale.

Grazie all’AI, la formazione di massa è diventata possibile senza sacrificare la qualità dell’esperienza formativa. Per esempio, l’AI ha introdotto sistemi di valutazione automatica in grado di correggere gli esercizi, fornire feedback immediato e indirizzare il discente verso contenuti mirati in base agli errori commessi.

Inoltre, l’intelligenza artificiale ha reso possibile personalizzare l’apprendimento: gli algoritmi analizzavano il comportamento dei discenti — come i video guardati, i quiz più difficili o i momenti di abbandono — e utilizzavano questi dati per costruire percorsi didattici su misura per ciascun partecipante.

Deep Learning (Decennio 2010-2020)

Negli anni, l’intelligenza artificiale è diventata ancora più potente grazie al deep learning e a dataset più grandi. Questo ha portato le piattaforme a fare analisi predittive.

Un esempio è la rilevazione del rischio di abbandono. I corsi online spesso hanno alti tassi di abbandono, perché molti discenti iniziano con entusiasmo ma poi smettono. Tuttavia, l’IA può identificare schemi che indicano chi potrebbe abbandonare. Analizza dati come la frequenza di accesso, il superamento dei quiz  oppure la partecipazione ai forum di discussione. Con queste informazioni, la piattaforma può inviare promemoria o messaggi di incoraggiamento quando gli utenti ne hanno bisogno.

Un altro sviluppo è l’Emotion AI, una tecnologia che cerca di leggere le emozioni.

Alcuni sistemi avanzati usano il riconoscimento facciale, i pattern di digitazione, il tono della voce o persino i movimenti del mouse per determinare se un discente è annoiato, frustrato o confuso. Sebbene questa tecnologia sia ancora in fase di sviluppo, potrebbe creare ambienti di eLearning più empatici, che rispondono non solo al livello di conoscenza, ma anche alle reali emozioni.

Il potere dell'AI Generativa (2020 ad oggi)

Negli ultimi anni, abbiamo assistito all’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa. L’AI generativa si concentra sulla creazione di nuovi contenuti — come testi, immagini, audio, video e persino codici — basandosi sui modelli che ha appreso.

Nel 2022, OpenAI ha lanciato ChatGPT, rendendo l’AI un fenomeno mondiale. Instructional Designer e molti altri professionisti hanno potuto usare uno strumento capace di scrivere saggi, spiegare argomenti difficili o persino interpretare personaggi storici.

Ma ciò che ha reso ChatGPT — e strumenti simili come Gemini, Copilot, Claude, NotebookLM — così speciali non era solo il fatto che sembrassero intelligenti. Era la loro capacità di comunicare in modo naturale, comprendere il contesto e adattarsi alle esigenze dell’utente.

Questa nuova forma di interazione con l’AI ha portato a un tutoraggio personalizzato per gli studenti: ChatGPT ha iniziato a essere utilizzato come tutor, rispondendo alle domande, correggendo compiti e spiegando qualsiasi materia.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’AI può commettere errori. A volte, questi strumenti “inventano” fatti o forniscono informazioni obsolete o errate. Per questo motivo, bisogna usarli con attenzione e verificarne sempre le risposte.

L'AI nei processi aziendali

Oggi, l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi aziendali non è più una possibilità futura, ma una necessità concreta. Per affrontarla in modo efficace, le aziende stanno investendo in percorsi di trasformazione profonda che vanno oltre la semplice adozione tecnologica: coinvolgono le persone, i processi e la cultura organizzativa.

In questo scenario, la formazione non è il punto di partenza né quello d’arrivo, ma un elemento fondamentale all’interno di una strategia più ampia. Serve a costruire consapevolezza, competenze e una mentalità aperta al cambiamento, preparando le persone a collaborare con l’AI nei flussi operativi quotidiani — dallo screening dei CV all’onboarding, dall’analisi predittiva alla gestione del rischio.

Ma la vera trasformazione avviene quando le nuove competenze si traducono in integrazione effettiva dell’AI nei processi aziendali.

Ad esempio, un’organizzazione può ripensare il proprio onboarding sfruttando sistemi AI in grado di adattare i contenuti formativi al profilo di ciascun neoassunto, ottimizzando tempi e risultati. Oppure può rafforzare il proprio presidio sulla cybersecurity adottando soluzioni intelligenti capaci di evolvere con le minacce, supportate da una formazione mirata che abilita l’intervento umano nei momenti critici.

Il risultato non è solo un’azienda con persone più preparate, ma un’organizzazione più veloce, resiliente e capace di far evolvere i propri processi grazie all’AI. Una trasformazione concreta, misurabile, costruita sulle esigenze reali del business.

 

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