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Industria 4.0: perché formare il personale sulle tecnologie abilitanti

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di Elisabetta Leuce

La quarta rivoluzione industriale, o Industria 4.0, focalizza l'attenzione, tra le altre cose, sulla strategica adozione in azienda di alcune tecnologie definite "abilitanti" per la Digital Transformation.

Un rapporto IDC stima che il 70% dei progetti di Digital Transformation fallisce a causa di insufficiente formazione, collaborazione, integrazione e/o gestione dei progetti.

In questo senso, tre elementi risultano essere strategici per permettere all'impresa di realizzare un progetto di change management che sia performante in ambito digitale:

  1. Il processo di digital transformation non è considerato un fattore di rischio.
  2. Il processo di digital transformation ha una alta priorità strategica per l'azienda.
  3. Il processo di digital transformation sviluppa un progetto di formazione strutturata dei dipendenti.

Le cosiddette tecnologie abilitanti sono state oggetto di discussione negli ultimi anni in relazione all'idea di Industria 4.0.

1. Integrazione digitale dei processi aziendali

In un crescente scenario di innovazione tecnologica dell’Industry 4.0, l’integrazione digitale dei processi aziendali è il primo fondamentale step da recepire con chiarezza per essere al passo coi tempi. Nella terminologia inglese la “Digital Transformation” sono allo stato attuale le parole chiave per un’innovazione e una restaurazione digitale delle aziende.

Nello specifico si tratta di integrare, per l’appunto, le tecnologie digitali in tutte le aree del business, così da trasformare tutte le attività operative e creare valore aggiunto per clienti, fornitori e azienda stessa. È un vero e proprio cambiamento culturale, una sfida che richiede continui cambiamenti e sperimentazioni, così da trasformare le interazioni, le comunicazioni e le funzioni aziendali in modelli di business con un approccio molto più digital-oriented.

Esiste una differenza fra digitalizzazione aziendale e trasformazione digitale?

Per digitalizzazione aziendale s’intende l’utilizzo delle tecnologie digitali e dei dati per razionalizzare il business, sostituendo e trasformando i vecchi processi, così da mettere le informazioni digitali come sistema centrale.

Per trasformazione digitale s’intende una strategia di trasformazione che è partita come “dematerializzazione documentale” ossia il passaggio da cartaceo al digitale, per arrivare oggi a un fenomeno che comprenda tutte le aree aziendali, così da riformulare il modo di fare impresa, superando i modelli economici tradizionali.

Il cambiamento riguarda la tecnologia, l’organizzazione, aspetti sociali, culturali e finanche creativi e manageriali.

Pensiamo per esempio all’utilizzo di tecnologie cloud, di dispositivi mobile aziendali interconnessi grazie alla Internet of Things, all’utilizzo dei Big Data Analytics per il marketing, alla UX Design per rimodellare l’aspetto progettuale basandosi sull’esperienza utente, fino ad arrivare alla gestione stessa del personale e delle tasks dei team tramite soluzioni software: l’integrazione digitale dei processi aziendali e la trasformazione che ne consegue è una metodologia che riguarda a 360° tutti gli aspetti del fare impresa.

2. Big data e analisi dei dati

Al giorno d’oggi, la maggior parte delle nostre azioni quotidiane produce un dato, dalla semplice navigazione all’utilizzo di carte di credito, da un messaggio vocale alla pubblicazione di un post sui social.

Big Data sta per “Grandi masse di dati” e non si tratta solo della mera capacità della rete nel disporre di informazioni consultabili, ma di qualunque tipologia di dato prodotto dagli utenti, anche quello non necessariamente visibile a chiunque.

Facile immaginare che in tale argomento rientrano anche problemi legati alla privacy e che la mole di tali dati sia così vasta da richiedere supercomputer con grandissime potenze di calcolo per poterli analizzare e classificare. Immagazzinare, gestire e analizzare gigantesche quantità di dati è un passaggio ormai imprescindibile per il business, basti pensare a quanto comportamento, abitudini e necessità degli utenti in rete, siano informazioni preziosissime per gli esperti di marketing.

I dati analizzabili sono divisi in due macrocategorie: dati strutturati e dati destrutturati (testo, immagini, video ecc.).

Attraverso l’analisi dei dati si cerca di restituire lo scenario della realtà oggettiva ed e qui che subentra la metodologia del “Data driven”, che consta di quattro tipi di Data Analysis:

  • Descriptive Analytics

L’analisi descrittiva, ottenuta mediante tool che rappresentano graficamente processi e scenari ricavati dai dati

  • Predictive Analytics

L’analisi predittiva permette di utilizzare i dati per pronosticare scenari futuri.

  • Automated Analytics

Attraverso la descriptive e la predictive analytics è possibile automatizzare delle azioni stabilendo delle regole.

  • Prescriptive Analytics

Le analisi prescrittive permettono di utilizzare i dati per gestire processi decisionali attraverso strategie e soluzioni basate sull’analisi dei dati.

3. Cloud e Fog computing

Ognuno di noi accede a mail, ascolta musica su Spotify o utilizza un servizio come Netflix per guardare una serie tv. Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla tecnologia del cloud computing.

“Cloud”, da “nuvola” in inglese, è quella tecnologia informatica che permette di utilizzare tramite server remoto, risorse hardware e software. Tale servizio è offerto da un provider, quasi sempre in abbonamento. Anziché dunque acquistare e possedere ingombranti e costosissimi data center e server fisici, oggi è possibile avere accesso a servizi di calcolo, archiviazione, database, rete, software e analisi, risparmiando su altissimi costi di infrastrutture e manutenzione delle stesse.

Il cloud computing ha quattro caratteristiche essenziali:

  1. Agilità, poiché dà la possibilità di accedere facilmente e velocemente alle tecnologie richieste;
  2. Elasticità, poiché si possono archiviare e riallocare dati, ridimensionandoli costantemente secondo le esigenze aziendali;
  3. Risparmio, perché come già detto, il cloud evita il lievitare dei costi necessari per la moltitudine di operazioni IT aziendali;
  4. Redistribuzione, in quanto grazie al cloud computing è possibile redistribuire le risorse contemporaneamente e in più luoghi geografici con un solo click, rendendo così più facile l’espansione aziendale.

Ci sono tre tipologie di cloud:

  1. IaaS ossia “Infrastructure as a Service”. Il fornitore del servizio in tal caso, rende disponibili risorse hardware virtuali come RAM, spazio, rete, server. Così facendo si demanda tutto al fornitore, evitando controlli sulla sicurezza, aggiornamenti ecc. [ESEMPI: Google Cloud Platform, AWS, ORACLE]
  2. PaaS ossia “Platform as a Service”. Il fornitore mette a disposizione una piattaforma che possa ospitare un software (per esempio per l’e-commerce), distribuire applicazioni intermediarie ‘middleware’ (come i database) e risolvere problematiche legate a backup, recovery ecc. [ESEMPI: Google App Engine, Microsoft Azure]
  3. SaaS ossia “Software as a Service”. La tipologia più popolare, quella che eroga servizi software come Gmail, Dropbox, Google Drive. È un vero e proprio software sviluppato e gestito dal fornitore, il quale lo mette a disposizione via web. [ESEMPI: Gmail, Dropbox, Spotify, Netflix]

Il cloud computing ha però il problema del vastissimo consumo delle linee di comunicazione internet. Per ovviare alle problematiche legate al largo uso di banda dedicata al cloud computing è nato il “Fog Computing”. “Fog”, che in inglese significa “Nebbia”, è una fase intermedia fra il cloud e l’utente finale, grazie all’utilizzo dei dispositivi di questi ultimi come rete peer-to-peer, così da dare accesso a file e risorse che generalmente sono reperibili solo attraverso connessione web.

Il Fog Computing, noto anche come “Edge Computing”, “Fog Networking” o “Fogging”, delocalizza dunque dati e informazioni solitamente cercate nei server centrali, redistribuendoli in dispositivi di prossimità e rendendo così più semplice e veloce la condivisione delle risorse. Tutto ciò si ricollega all’IOT, l’Internet of Things, l’utilizzo degli oggetti smart interconnessi, i quali funzionano sincronizzando le informazioni utili fra loro.

Un esempio importante è quello delle smart car che, grazie a una rete di fog computing, comunicano tra loro utilizzando i dati dei dispositivi in ‘prossimità’, quali: condizioni meteo, traffico, incidenti ecc., anziché reperire le informazioni da un server centrale.

4. Prototipazione rapida

Spesso, per realizzare un prodotto che abbatta i tempi del time to market, riducendo al minimo errori e difetti di fabbricazione, c’è necessità di un prototipo che sia veloce da realizzare. Oggigiorno le tecniche di prototipazione sono migliorate grazie alle innovazioni tecnologiche, soprattutto nel campo della stampa 3D, permettendo una “prototipazione rapida”.

Fare prototipazione rapida significa creare modelli in CAD tridimensionali su PC per convertire in seguito file 3D in formato STL (Stereo Lithography interface format), realizzando prototipi in tempi brevi. La prototipazione rapida ha un ruolo chiave nella produzione aziendale, poiché consente alle imprese di produrre modelli da testare in un lasso di tempo nettamente ridotto rispetto alle tecniche tradizionali.

Le tecnologie di prototipazione rapida si suddividono in:

  1. Produzione additiva (additive manufacturing) ossia quella ottenuta dalla stampa 3D, dove l’aggiunta di materiale avviene strato su strato (layer), fino ad arrivare alla realizzazione di un modello;
  2. Sottrattiva (subtractive manufacturing), la quale, al contrario della precedente, parte da un blocco di materiale, sottraendone il superfluo, fino ad ottenere il prototipo finito. La produzione sottrattiva utilizza diverse tecnologie come: la fresatura, la tornitura e la foratura;
  3. La fusione, che consiste nel creare diversi prototipi analoghi a partire da un modello di base, realizzato mediante produzione additiva. Viene creato un vero e proprio stampo in gomma siliconica, riempito con il materiale finale. Dalla realizzazione complessa, la fusione è indicata quando sono necessari numerosi modelli.

La stampa 3D è oggi la migliore tecnica di prototipazione e progettazione anche perché, a differenza delle altre tecnologie di stampa, permette di realizzare separatamente i vari pezzi che compongono un oggetto e che vanno poi assemblati in un secondo momento, senza dover realizzare necessariamente il pezzo unico.

Dovendo fare un paragone con le tecnologie tradizionali di stampa, se il punto di forza della fabbrica del passato era riprodurre oggetti identici e in serie, il vero vantaggio della stampa 3D è la personalizzazione.

5. Cyber security

In un’era in cui tutto è gestito da tecnologie costantemente connesse in rete, la problematica principale è quella della sicurezza dei sistemi informatici. La “Cybersecurity” o, in italiano, “sicurezza informatica” è l’insieme delle tecniche attraverso le quali si cercano di proteggere sistemi, reti e software da attacchi e violazioni digitali, detti anche “Cyberattacks”.

Gli esperti di sicurezza informatica svolgono diversi compiti per salvaguardare i dati di aziende, personalità importanti, governi e organizzazioni. In prima istanza, la comunicazione a la formazione ad ogni livello del target di utenti è uno step imprescindibile per prevenire gli attacchi digitali. In seconda analisi, il costante aggiornamento degli esperti stessi permette di fronteggiare e risolvere le violazioni dei sistemi informatici, i quali sono in costante evoluzione, restando sempre al passo dei continui e veloci mutamenti tecnologici.

Ma quali sono le tipologie di minacce per la sicurezza informatica?

  • Phishing

Il phishing consiste nel furto di dati sensibili riguardanti login e carte di credito, di debito o prepagate. Avviene soprattutto attraverso mail e, una buona preparazione personale nonché una tecnologia sowtfare efficace, come per esempio i filtri per le email, possono essere la soluzione.

  • Malware

Il malware è una tipologia di software programmata per violare i sistemi o danneggiare i dati presenti in un dispositivo. Tali applicazioni vengono sovente scaricate involontariamente da internet e, gestire bene le impostazioni dei browser, nonché costanti ‘pulizie’ dei propri dispositivi con software anti-malware, possono essere una soluzione.

  • Ransomware

Il ransomware, da “Ransom”, riscatto in inglese, è una tipologia di software pericoloso, il quale blocca gli accessi di un dispositivo (pc, tablet, smartphone) o ne sottrae i dati, nel tentativo di estorcere denaro (o avanzare altri tipi di richieste) all’utente. Non sempre pagare un riscatto garantisce un recupero dei dati o uno sblocco del dispositivo. Anche qui una buona formazione e filtri come firewall, antivirus, antimalware ecc. possono fare la differenza.

  • Social Engineering

Il social engineering è la forma più subdola di attacco informatico, la quale consiste in una strategia persuasiva volta a far rivelare informazioni sensibili. Pagamenti, violazione di dati e di informazioni sono solo alcuni dei rischi connessi al social engineering, il quale si serve delle minacce finora descritte per i propri scopi: download di malware, link pericolosi finanche finte telefonate per ottenere password e accessi ai dispositivi e per questo motivo richiede grande preparazione sui rischi derivati dagli attacchi digitali.

6. Interfaccia uomo macchina

L’utilizzo di macchine, robot, dispositivi di vario genere, sia nell’Industry 4.0 che nella vita quotidiana, ha permesso lo sviluppo di sistemi di controllo sempre più complessi per l’interazione uomo-macchina. Tutto ciò è reso possibile dalle cosiddette Human-Machine Interface (HMI), componenti e funzioni dei dispositivi che permettono all’uomo di interagire con le macchine. L’esempio più lampante è quello dei touchscreen e delle tastiere.

Se quotidianamente usiamo via via sempre più touchscreen per controllare di tutto, dagli smartphone agli elettrodomestici, automobili ecc., nelle linee produttive aziendali gli operatori utilizzano sempre più sistemi di Human-Machine Interface per l’automatizzazione dei macchinari, talvolta anche a lunghe distanze, rispetto al macchinario stesso.

Le HMI possono essere dunque:

  • Display
  • Touchscreen avanzati
  • Pannelli di controllo multi-touch
  • Pulsanti
  • Tastiere di computer
  • Dispositivi mobile
  • Tablet

Per quanto riguarda l’Industry 4.0 si è passati da semplici interfacce grafiche (Graphical User Interface o GUI) a una fase più interattiva e complessa grazie allo sviluppo dei touchscreen. Nell’industria moderna infatti le fabbriche smart si servono di molteplici funzioni multimediali che integrano notifiche e dispositivi sullo stato di funzionamento dei macchinari, mediante SMS, email, video streaming ecc. In ambiti più sofisticati si può attivare un controllo remoto di più macchine in più luoghi differenti, contemporaneamente.

7. Sistemi cyber-fisici

Nel mondo reale, tutti i componenti fisici non umani, come ad esempio i macchinari aziendali per la produzione, possono esistere anche all’interno di un’immagine virtuale che rispecchia il mondo reale, fornendo ulteriori informazioni. È il processo innovativo in atto nell’Industry 4.0, che, grazie all’Information Technology (IT), offre la possibilità di verificare la funzionalità o meno di un processo di automazione reale tramite varie sperimentazioni virtuali, essendo una vera e propria simulazione.

Ogni componente fisico che dispone di una simile immagine virtuale e che può essere interconnesso con altri componenti del processo di produzione ai fini dell’interazione, viene chiamato “sistema cyber-fisico”. Il prefisso “cyber” fa riferimento all’immagine virtuale, mentre il termine “fisico” si riferisce all’oggetto nel mondo della produzione reale, così come lo percepiamo con i nostri cinque sensi.

Un sistema cyber fisico, detto anche “CPS” da “Cyber-Physical System” è dunque un sistema virtuale in grado di comunicare e interagire continuativamente e dinamicamente con un sistema fisico. Alla base del CPS il singolo elemento è il dispositivo ‘embedded’.

Un CPS è composto da tre tipi di capacità definite dalle tre “C”: Capacità computazionale, Comunicazione e Controllo.

Possibili utilizzi del Sistema cyber-fisico riguardano il Networked Monitoring and Control, Advanced Embedded Systems, System-of-Systems (SoS), e la Internet of Things (IoT) con applicazioni nella domotica, nel controllo smart del trafico, robot cooperanti, telecomunicazioni, smart grid e, come già detto, nella Industry 4.0.

8. Sistemi di visualizzazione e realtà aumentata

L’essere umano per sua natura, è abituato ad interagire con una realtà di tipo tridimensionale, mentre il vastissimo patrimonio di dati e informazioni reperibili su dispositivi digitali (Pc, tablet, smartphone, smartwatch, ecc.) e in rete è ancora pressoché relegato dietro uno schermo bidimensionale. Per sopperire a tale necessità quasi ‘ergonomica’ dell’essere umano e della sua interazione con il mondo della rete e dei software, negli ultimi anni si stanno perfezionando le tecnologie legate alla realtà virtuale e alla realtà aumentata.

Ma cosa sono nello specifico?

La realtà virtuale o “Virtual Reality” (VR) crea un ambiente simulato, laddove l’utente è all’interno di un’esperienza tridimensionale totalmente immersiva e interattiva, una vera e propria riproduzione di uno scenario a 360° in cui possono essere simulati tutti i sensi, con un grado di realismo molto elevato, grazie anche al supporto di ulteriori hardware.

La realtà aumentata o “Augmented Reality” (AR) crea oggetti in grafica tridimensionale sovrapponendoli al mondo reale, grazie all’utilizzo di sensori e algoritmi che determinano la posizione e l’orientamento di una videocamera. Immagini e animazioni vengono dunque sovrapposte alla realtà fisica attraverso l’utilizzo di dispositivi come gli smartphone, i tablet ecc. La stessa scena che guardiamo a ‘occhi nudi’ dunque, filtrata attraverso un visore o un dispositivo mobile, per esempio, apparirà modificata con elementi virtuali che modificano la realtà fisica che ci circonda.

È importante specificare che realtà virtuale e realtà aumentata necessitano di sistemi hardware per essere utilizzate, detti “Sistemi di visualizzazione”. Negli ultimi anni si è passati dai pesanti e poco ergonomici caschi virtuali, relegati per lo più al mondo dei videogames, alla creazione di visori con diverse funzionalità e metodologie di utilizzo. Alcuni si integrano con lo smarthpone, altri con i PC, altri ancora con le console per il gaming. Visori come il Google Daydream sono compatibili con l’utilizzo di smarthpone che vengono direttamente inseriti nel visore, altri come Oculus Go, Oculus Rift e Playstation VR sono sistemi ‘stand alone’, poiché per il loro utilizzo basta esclusivamente indossarli e collegarli wireless ad altri dispositivi. Assenza di cavi e ulteriori controller per gestire la simulazione virtuale, rendono il tutto ancora più immersivo. Naturalmente, il settore più sfruttato al momento è quello del gaming, ma le applicazioni in campo aziendale, formativo, chirurgico ecc. sono molteplici, grazie anche al rilascio di developer toolkit che li rendono riprogrammabili. Per quanto riguarda la realtà aumentata invece, talvolta è necessario esclusivamente un comune smartphone, essendo poi l’applicazione software a gestire la fotocamera dello stesso per simulare immagini e animazioni tridimensionali.

9. Robotica avanzata e collaborativa

Tra gli ambiti tecnologici legati all’Industria 4.0, la robotica è quello che nel tempo ha avuto una crescita costante, introducendo sempre più sofisticati robot in moltissimi processi produttivi, innovando l’integrazione uomo-macchina nelle operazioni e nei compiti quotidiani. Oggigiorno infatti, anche le piccole e medie imprese sono sempre più interessate ad introdurre gradualmente le tecnologie di robotica avanzata nei propri processi produttivi.

La novità più importante consiste nei cosiddetti “Robot collaborativi” o “Cobot”. Il robot collaborativo è progettato per lavorare nello stesso ambiente dell’operatore durante le attività produttive. È dotato di strumenti in grado di rilevare la prossimità umana e reagire per garantirne la sicurezza. Rispetto a un classico robot industriale, quello collaborativo non necessita di uno spazio di lavoro confinato: può aiutare l’operatore a eseguire le sue mansioni o può svolgere compiti in autonomia, affiancandolo.

In generale, i robot (collaborativi e industriali) sono catalogabili secondo tre categorie:

  1. Robot cartesiani: per il carico e lo scarico;
  2. Robot paralleli: per la lavorazione e la simulazione;
  3. Robot articolati (o antropomorfi): per operazioni di assemblaggio, imballaggio, lucidatura, verniciatura, saldatura, pallettizzazione ecc.

I robot che vedremo nella fabbrica del futuro dunque, non avranno necessariamente i connotati dei robot industriali tradizionali. Privi di infrastrutture fisiche di protezione, leggeri, in grado di coesistere e cooperare con l’uomo, dotati di interfacce di programmazione facili e intuitive, i nuovi robot collaborativi stanno oggi affacciandosi sul mercato, proponendosi come una soluzione potenzialmente rivoluzionaria per i sistemi di produzione.

10. Manifattura additiva

Vi è una rivoluzione in corso nell’ambito dell’Industry 4.0, poiché nel paradigma fra prototipazione di modelli e processo produttivo vero e proprio, si inserisce l’“Addictive Manufacturing” o “Manifattura Additiva”. L’innovazione sta nel partire da un progetto virtuale in CAD, cui segue un processo di conversione software del file in formato STL (Stereolitografia), il quale rende possibile la scomposizione in strati (layer) dell’oggetto che viene successivamente realizzato grazie alle stampanti 3D. Quest’ultima sovrappone i layer utilizzando diverse tipologie di materiale, fino a comporre il pezzo finito o semilavorato.

Quali sono le tipologie di addictive manufacturing?

  • Stampa a getto d’inchiostro, tecnologia che utilizza lo spargimento di uno strato di gesso o resina, su cui viene successivamente gettato inchiostro, il quale, solidificandosi su vari strati, realizza il prodotto.
  • Digital Light Processing o DLP, mediante l’utilizzo di polimeri liquidi induriti dall’uso della luce di un proiettore.
  • Laminated object manufacturing o LOM, tecnica con la quale si utilizza carta, plastica o laminati che, stratificati, vengono tagliati e incollati con una lama o un laser, fino alla formazione del prodotto.
  • Electron Beam Melting o EBM, che si traduce in “Fusione a fascio di elettroni”. Tale fusione avviene grazie a una forma di energia ad alta concentrazione di elettroni.

C’è differenza fra Addictive Manufacturing e Stampa 3D?

Tra Addictive Manufacturing e Stampa 3D si può segnalare una piccola ma sostanziale differenza. La prima è una tecnologia volta alla realizzazione di oggetti tridimensionali tramite stampanti a getto di materia, la seconda è un processo produttivo che permette la realizzazione di un prodotto finito e anche personalizzabile.

Quali tipologie di Stampa 3D esistono?

  • Fabbricazione a fusione di filamento o “FFF”, conosciuta anche come “modellazione a deposizione fusa” (FDM), tale tecnica si serve del riscaldamento e modellazione di materiali plastici ed è utilizzata sia per le stampanti 3D professionali che di largo consumo.
  • Stereolitografia (SLA o, in inglese STL), tecnica che utilizza la luce ultravioletta per trattare o solidificare la resina, stratificandola.

Sinterizzazione laser selettiva (SLS) è una metodologia solitamente industriale, la quale utilizza laser che fondono materiali in polvere, stratificandoli.

11. Internet delle cose e delle macchine

Viviamo in un mondo iperconnesso, dove ognuno di noi è costantemente collegato alla rete tramite dispositivi mobile. La vera recente innovazione è l’“Internet delle cose”, dal neologismo inglese “Internet of Things” (IoT), concetto che si riferisce alle tecnologie in grado di collegare anche gli oggetti fra loro, rendendoli ‘intelligenti’.

L’Internet delle Cose dunque non è una tecnologia in particolare ma l’insieme di differenti sistemi in grado di collegare a internet più apparati, estendendo agli oggetti del mondo fisico la possibilità di raccogliere, elaborare e scambiare dati in rete appannaggio classico, finora, dei comuni PC. Ciò permette di migliorare monitoraggio, controllo e automazione, servendosi dell’elettronica e della comunicazione wireless per portare a un livello più alto le possibilità digitali e comunicative di elettrodomestici, telecamere, automazioni di processi produttivi, veicoli ecc.

I dispositivi di prossimità usano soluzioni tecnologiche di fog computing o edge computing, grazie alle quali si effettuano razionalizzazioni ed elaborazioni dei dati in tempo reale, garantendo l’interazione di oggetti reali con il mondo circostante.

Le tecnologie abilitanti vengono mutuate da vari ambiti della telecomunicazione, soprattutto a corto raggio, come la “Radio-frequency identification” (RFID) o il più attuale standard IEEE 802.15a.

L’Internet of Things trova applicazioni immediate nella quotidianità, soprattutto per quanto riguarda la domotica, i wereable e le smart car ma può estendersi ben oltre, verso sistemi più ampi e complessi come smart building, smart cities, monitoraggio industriale, robotica collaborativa, sanità, self driving car ecc.

Alcune di queste tecnologie abilitanti sono ben note, anche se non hanno mai trovato (finora) una vera e propria applicazione "estesa" ai sistemi di produzione reali, rimanendo nella sperimentazione in vitro della ricerca applicata.

 

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