IA per contrastare la “fuga dei talenti”
di Maria Chiara Tafa
Secondo alcune recenti stime della CGIA (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato), le previsioni all’inizio del 2023 per l’economia italiana non sono positive. Si prevede, infatti, che nei prossimi mesi la crisi economica possa causare la perdita del lavoro per oltre 63 mila italiani e alzare il tasso di disoccupazione all'8,2%.
Le cause della “fuga dei talenti”
Durante una crisi economica, le aziende tendono a limitare gli investimenti, compresi quelli per il personale, riducendo le assunzioni o, se necessario, ricorrendo ai licenziamenti.
Spesso, però, sottovalutano l'impatto negativo che la perdita di personale qualificato può avere sui loro bilanci. Anche se il licenziamento rappresenta un risparmio di costi nell'immediato, nel medio-lungo termine può trasformarsi in un esborso maggiore per le organizzazioni che dovranno investire ulteriori risorse nella selezione e nella formazione di nuove figure.
La naturale conseguenza della scarsa risposta da parte delle aziende ai cambiamenti e ai mutamenti socio-economici in corso è la “fuga dei talenti”.
Se i motivi di insoddisfazione dei dipendenti sono molteplici, i mezzi a disposizione delle aziende per fronteggiare questo problema sono, invece, ancora pochi e spesso inefficaci: nella gestione delle risorse umane, i responsabili HR sono ancorati a vecchie logiche dalle quali faticano ad allontanarsi. Quando invece, oggi più che mai, dovrebbero investire sul personale per coltivare il talento, incentivare l’ascolto e rafforzare la cultura aziendale.
La crisi dei prossimi mesi rappresenterà un’occasione di rilancio, un momento in cui sarà possibile per le aziende mettersi in gioco, investendo e innovando per accogliere le nuove esigenze dei dipendenti. Esigenze che, prima di tutto, dovranno essere comprese. In tal senso, lo scoglio principale rimane sempre lo stesso: la comunicazione. Sia da parte dei lavoratori, che dimostrano una evidente difficoltà di comunicare in modo diretto ciò che vorrebbero, sia da parte delle aziende, che invece manifestano una certa incapacità di ascoltare.
La distanza tra dipendenti e datori di lavoro tenderà, dunque, ad aumentare, in quanto i primi si sentiranno sempre meno coinvolti, senza un vero percorso di crescita, e i secondi si troveranno a dover gestire personale sempre meno produttivo e sempre più propenso a cambiare lavoro.
L’Intelligenza Artificiale (IA) al servizio del settore HR
Tra le soluzioni più efficaci al problema della “fuga dei talenti” rientra sicuramente la scelta delle aziende di offrire programmi di welfare, flessibilità e formazione continua che consentano di applicare politiche volte all’ascolto e alla valorizzazione dei propri lavoratori, riducendo così costi e rischi futuri.
D’altro canto, però, sta prendendo sempre più piede l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel settore HR: secondo Google, un mercato da oltre 200 miliardi di dollari l’anno.
Conoscere e saper utilizzare determinate tecnologie per la gestione del capitale umano è fondamentale per non farsi trovare impreparati e garantire la soddisfazione dei dipendenti, i quali mostreranno sempre nuove necessità e priorità che si andranno ad aggiungere a quelle esistenti - come la possibilità di lavorare da remoto, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, le opportunità di crescita e sviluppo delle proprie competenze. Grazie all’IA è possibile mappare lo stato di salute dell’intera organizzazione e creare modelli predittivi funzionali per le decisioni strategiche di business. Ma non solo! L’IA permette di porre al centro le persone che popolano l’azienda, di incoraggiare l’interazione tra di esse e di promuovere la co-progettazione e l’innovazione. Questo approccio mira ad aumentare l'engagement degli individui, ad analizzare e risolvere eventuali gap di competenze, a sviluppare processi di autovalutazione fornendo formazione e mappando le abilità e i bisogni di ogni singolo membro dell'organizzazione.
In altre parole, i nuovi strumenti di Intelligenza Artificiale sono la chiave per rimanere al passo con i tempi e adeguarsi velocemente alle mutevoli esigenze dei propri stakeholder e ai cambiamenti sociali ed economici in atto. Ciò che può aiutare le aziende ad affrontare l’imminente crisi economica è fare i giusti investimenti, puntando sull’IA per continuare ad essere competitive e contrastare la “fuga dei talenti”.
Quale strumento di IA utilizzare per la gestione del personale?
Ogni giorno, l’Intelligenza Artificiale amplia i suoi confini fornendo a individui e aziende nuove possibilità.
Se fino a oggi le aziende hanno utilizzato gli assistenti virtuali per migliorare la relazione con i clienti oppure per fornire loro dei servizi in più (come Alexa, ma anche i più comuni chatbot), oggi è possibile applicare questa stessa tecnologia anche nel rapporto con i dipendenti.
Del resto, a livello mondiale, non sarebbe una novità: assistenti virtuali di questo tipo vengono già utilizzati con successo. Secondo una ricerca di Gartner, il 23% delle aziende che conoscono e utilizzano sistemi di IA, lo fanno anche per ottimizzare la gestione delle risorse umane. McDonald’s, per esempio, utilizza un chatbot di Paradox; ma anche Jp Morgan con HireValue e Mars e Manpower con Xor, con il risultato di aver migliorato la propria produttività del 45% (dati di Xenioo).
Creare e sfruttare un assistente virtuale capace di ascoltare, comprendere e analizzare le conversazioni che possono intercorrere tra un lavoratore e la sua azienda è un punto di svolta: per i dipendenti, perché potrebbero interagire direttamente con l’assistente (anche in modalità anonima) per affrontare questioni personali o fare domande su situazioni generiche, come il welfare, i benefit e i processi; ma anche per l’azienda, perché potrebbe raccogliere dati molto importanti sulle necessità del personale, sulle domande più frequenti, e capire se i dipendenti si sentono soddisfatti o stressati.
Tutto grazie all’analisi delle conversazioni operata dall’Intelligenza Artificiale.
In questo modo, l’azienda potrà avere un quadro reale del sentiment dei propri dipendenti e indirizzare al meglio i propri investimenti, raggiungendo l’obiettivo di ridurre drasticamente l’insoddisfazione e i casi di abbandono del posto di lavoro.
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